Ho sempre sognato di fare un viaggio in Eritrea, non sono sicura di conoscerne il motivo, ma l’ho sempre desiderato!
Nel preparare questo viaggio, sognavo il mare cristallino delle isole Dahlak e imponenti rovine di civiltà antiche. Sognavo un’architettura futurista mescolata alla spontaneità dei popoli “africani” (le virgolette sono d’obbligo: definire “africano” un popolo come se fosse sufficiente a descriverlo e a farne capire l’anima, è quantomeno generalizzante!).
Una classe di bambini della scuola cattolica di Mendefera.
E poi, a fine Dicembre, sono partita.
In Eritrea non ci sono calamite da frigo, a dir la verità non ci sono proprio souvenir… Forse perché mancano quasi del tutto i turisti. In Eritrea non si può telefonare all’estero e anche la connessione Internet è molto rara e parecchio lenta. In Eritrea non c’è acqua calda e spesso non c’è proprio acqua; qualche volta manca anche la corrente elettrica. In Eritrea c’è un unico giornale.
In compenso in Eritrea ci sono 9 etnie, quattro religioni ufficiali ed una storia di colonizzazione ed occupazione da parte di Italia, Inghilterra ed Etiopia: tutti convivono pacificamente (sotto dittatura si, ma senza rivalità tra etnie e religioni), e con orgoglio tutti si sentono prima di tutto eritrei.
Entrare in Eritrea è come fare un viaggio indietro nell’Italia degli anni 30, sorretta però da un’anima africana.
L’Eritrea ti sorprende per la sua storia, per la sua gente, per la sua natura. L’Eritrea non è un paese che ti lascia indifferente: bensì è un paese che ti entra dentro e sviscera meandri di te e del mondo che prima non conoscevi nemmeno.
Un viaggio in Eritrea non è un viaggio dal quale si ritorna facilmente: troppe e varie sono le emozioni provate, troppe le cose su cui riflettere, troppi i tasselli da aggiungere per chi, come me, è nata in Italia e ha viaggiato spesso in questo amato continente.
I grandi murales sugli edifici della capitale, Asmara, che raccontano la storia dell’indipendenza Eritrea.
Per le strade di Asmara è normale trovare insegne in italiano: tutto è decadente, ma la storia resta lì, a portata di tutti.
Siamo arrivati ad Asmara a tarda notte e l’hotel che avevo riservato era stato chiuso per cavilli burocratici imposti dal governo… Abbiamo quindi ripiegato su un albergo “statale”: un edificio fatiscente senza acqua e con ben pochi servizi. Alla reception la ragazza non parlava una parola di inglese, o italiano, o qualsiasi altra lingua che non fosse il tigrino!!! Ci siamo spiegati a gesti, nella notte, con la stanchezza del volo incollata addosso… o meglio, lei si è spiegata: “manca l’acqua in tutta la città stanotte, forse tornerà domani, forse no”… Insomma: niente doccia dopo il lungo volo!
L’indomani siamo partiti presto per raggiungere Massawa e da li imbarcarci per le famose isole Dahlak!
La lunga lingua di sabbia della spiaggia di Durghella, dove abbiamo campeggiato da soli per due notti.
I fondali delle isole Dahlak sono quelli tipici di tutto il Mar Rosso: colorati e pieni di vita!
I 5 giorni alle isole sono state una vera immersione nella vita di Robinson Crusoe: solo noi, il più incontaminato e remoto angolo del Mar Rosso con la sua barriera, il cielo stellato, le nostre tende e il cibo portato da casa. Mille paguri che risalivano la spiaggia la sera e si rituffavano nel mare la mattina, uccelli che nidificavano indisturbati sulla spiaggia poco lontano, miriadi di colori brillanti non appena volgevi lo sguardo verso gli abissi. Abbiamo girovagato con la barca di isola in isola piantando la tenda dove più ci piaceva (sempre però rispettando i rigidissimi permessi ottenuti a fatica dal governo eritreo, che a pensarci da laggiù sembrava così lontano…), appiccando il fuoco la sera per prepararci la cena e meravigliandoci ogni notte non appena la calotta stellata faceva la sua comparsa sopra le nostre teste… Ricordo di aver visto un cielo simile solo nel deserto del Sahara in Libia…
La migrazione dei paguri al tramonto, così tanti da rendere difficoltoso il non calpestarli!
Fondali del Mar Rosso nelle isole Dahlak.
Abbiamo festeggiato l’arrivo del 2018 così: cenando sotto al cielo stellato, cantando canzoni che a fatica uscivano dagli apparecchi che ci eravamo portati dall’Italia e che da lì a poco si sarebbero inesorabilmente spenti. C’è chi ha fatto il bagno, chi ha abbandonato la tenda per dormire in riva al mare… è stata dura attendere la mezzanotte: è difficile tirare fino a tardi quando il cielo è buio da molte ore, lo spumante per brindare è contingentato e le stelle sono l’unica cosa da guardare!
Fondali delle Isole Dahlak.
Osservare il mare completamente soli, senza bisogno di altro se non di una maschera.
Una razza placida sulle acque basse.
Quei 5 giorni tra il mare ed il cielo, appartati su minuscole isolette di spiagge bianche e barriere coralline colorate, sono state come un improvviso imparare di nuovo a respirare, ad ascoltarsi, a capire quanto semplici sono le cose che realmente amiamo e quanto superflui sono tutti gli orpelli dei quali ci circondiamo e che ci rendono sempre così intricati.
E poi, con l’inizio del nuovo anno, abbiamo rimesso i piedi per terra, letteralmente e metaforicamente!
L’Eritrea, sulla terraferma, è tutta un’altra cosa… eppure sempre fedele a se stessa: conserva senza quasi accorgersene la genuinità della sua rarità, la spontaneità veicolata dalla burocrazia di un regime totalitario, la natura incontaminata a 3000 metri come sul livello del mare…
In Italia della storia dell’Eritrea si sa quanto basta per ricordarsi che è stata una delle nostre colonie, probabilmente la meglio amministrata, ma poco altro.
Il Sicomoro più grande della valle dei sicomori: alberi maestosi che sembrano volerti proteggere.
Gli antichi fasti della città di Massawa, porto per giungere al mare delle isole Dahlak.
Invece la storia eritrea ha migliaia di anni: dalla preistoria alle popolazioni pre-axumite fino al leggendario impero Axumita e via via fino ai giorni nostri. La storia (e la preistoria) dell’Eritrea in realtà parlano molto poco, almeno fino agli inizi del 1900: tutte le tracce sono ancora da vagliare, tutti i siti archeologici ancora da scavare, tutti i (pochi) ritrovamenti, ancora da catalogare e studiare… pochi monoliti o strane costruzioni si ergono indisturbate (e poco controllate) lungo le pendici delle dolomiti del Senafe o sulla costa. I siti archeologici contano circa 200 visitatori l’anno ciascuno (e no, non ho dimenticato qualche zero!) e nessuno li controlla o li manutiene… è una sensazione strana quella di vedere la storia di un popolo così trascurata… ma allo stesso tempo forse rassicura un pochino il fatto che sia ancora tutto sottoterra, che nessuno ancora possa potenzialmente distruggere i capolavori del passato che queste terre nascondono gelosamente.
Le rovine di Kohaito, antica capitale axumita, immerse nella nebbia…
Ady Keih e la sua chiesa di legno e mattoni.
Il secondo giorno dell’anno abbiamo deciso di prendere il treno, non un treno qualunque, ma il treno a vapore costruito dagli italiani tra il 1901 e il 1911, smantellato dagli etiopi nel 1978 e infine ricostruito pezzo per pezzo dal capo di stato attuale…
La locomotiva nel suo splendore.
Le rotaie ricostruite tutte con i pezzi originali.
La partenza è per le 9, il rientro intorno alle 15… ma potrebbero essere le 14 o le 16: dipende da come reagisce la locomotiva e gli ostacoli sull’antica ferrovia! Il biglietto costa 60$ americani (e in Eritrea sono un’esagerazione!!!) e il treno parte solo se preavvertito e se ci sono almeno 20 turisti paganti biglietto pieno. Dicono che queste condizioni si verificano circa 8-10 volte all’anno, ma noi da soli siamo un gruppo di 16 e quindi la probabilità di partire è decisamente elevata!
Rifornimento di acqua per la locomotiva.
Controllo di qualità!!!
Il treno è composto da una locomotiva ed una carrozza, le rotaie sono strette e tutti i pezzi sono rigorosamente originali e perfettamente conservati…
Ogni volta che il treno parte, il governo eritreo richiama dalla pensione gli anziani macchinisti che ci lavoravano tanti anni fa: nessuno oggi oltre a loro sa come far andare questo gioiello del passato. In effetti stanno cercando di istruire un nuovo ragazzo giovane, che viene puntualmente sistemato sulla locomotiva con la funzione di caricare il carbone nella fornace (lavoraccio!!!).
Il giovane deputato al rifornimento di carbone.
Piccoli ritocchi prima della partenza.
Alle 9 il treno è ancora in stazione, e mentre i macchinisti ungono ancora un poco i meccanismi o controllano la pressione, noi giochiamo come bambini con un giocattolo prezioso, esplorando il vagone con gli arredi anni ’30, il piccolo anfratto situato nella locomotiva in cui il giovane (ancora pulito!) passerà la sua giornata caricando carbone, la stazione col suo telefono che da noi oggi sarebbe considerato un prezioso oggetto d’antiquariato…
I bambini ci rincorrevano sulle rotaie per salutare il treno che passa una volta ogni due mesi…
Gruppi di persone a bordo della ferrovia per osservare con curiosità gli unici turisti del paese.
E infine, sempre col sorriso di un bambino, partiamo! La locomotiva, lanciando il suo vapore nell’aria e sferzando di tanto in tanto il suo sonoro “ciuf ciuuuuf”, ci porta tra le montagne e gli altipiani eritrei, mostrandoci vallate inaspettate e antiche gallerie perfettamente conservate. Attraversiamo villaggi mai visitati e uomini, donne e bambini ci corrono incontro, consapevoli che un evento del genere capita solo poche volte all’anno, soprattutto quando non c’è scuola e si può tranquillamente osservare il treno in tutto il suo splendore, e magari anche interagire con gli uomini bianchi che sono sopra…
I bambini ci vengono incontro curiosi per conoscerci.
Tutti ci aspettano al lato dei binari per poterci vedere.
E noi riceviamo in dono quegli splendidi sorrisi, ci riempiamo gli occhi della vastità delle vallate, parliamo con i macchinisti e osserviamo estasiati le innumerevoli soste volte a scaricare il vapore o a fare rifornimento di acqua! Alle 15 rientriamo in stazione e la sensazione è come quella di quando devi per forza scendere da una giostra: questo treno è una delle esperienze imperdibili da vivere in Eritrea!
Giochiamo con i bambini a “spaventiamoci” e loro provano a spaventarci!
Abbracci tra amiche!
Dopo il treno, ci dirigiamo verso Keren, e finalmente abbiamo un albergo con acqua calda: non lo sappiamo ancora, ma questa sarà l’unica doccia calda di tutto il viaggio (e comunque una delle pochissime docce, incluse quelle fredde!).
Ritratto di un pastore.
Donne al mercato.
Commerciante in attesa dei clienti sul marciapiede.
Oggetti “vintage” al mercato.
L’essenza di Keren sta tutta nei suoi effervescenti mercati! C’è il più famoso mercato del bestiame, dove etnie diverse giungono da ogni angolo del paese per vendere la pecora, l’agnello o il cammello più prezioso! C’è il mercato alimentare, dove profumi di frutta, spezie, carne e ‘ingera” si confondono insieme alle voci dei venditori. C’è poi il mercato delle “cianfrusaglie” (come lo chiamo io!): spade preziosamente forgiate in argento si fondono con ciabatte in plastica di seconda mano rigorosamente spaiate e prodotti in paglia stanno accanto a schede telefoniche mai usate. E tra i vicoli di questo mercato, può capitare di scambiare quattro chiacchere con gli anziani che ancora si ricordano dei coloni italiani… Ricordo di aver incontrato un signore che diceva di avere 105 anni (ed in effetti, da quel che ha raccontato, poteva anche essere vero!): era stato arruolato forzatamente prima dagli italiani, poi dagli inglesi e poi aveva infine combattuto nella guerra per l’indipendenza dall’Etiopia. Ricordava i nomi degli ufficiali dell’esercito che erano stati al comando e che adesso sono seppelliti nel cimitero italiano di Keren, ricordava gli avvenimenti e le emozioni provate… Mi ha fatto uno strano effetto sentirgli dire che tra tutti, il governo italiano è stato il migliore in cui abbia vissuto: in effetti gli inglesi hanno distrutto tutte le infrastrutture create da noi, gli etiopi hanno finito di distruggere rendendo l’Eritrea una delle regioni più affamate al mondo, ed infine il governo attuale che non permette a nessuno di parlare di politica in alcun modo altrimenti rischi di scomparire per sempre dalla memoria… È spiazzante venire a sapere che un governo fascista, dittatoriale e razzista, sia stata la migliore forma di governo che l’Eritrea abbia mai avuto negli ultimi 150 anni… E si: la maggior parte degli eritrei pensa agli italiani con nostalgia, come i portatori di un antico benessere ormai scomparso… è assurdo! E ancora, sinceramente, non riesco a spiegarmelo…
Forse avrei preferito che mi odiassero…
In attesa dei clienti…
Sguardi lungo le vie del mercato.
Le mani dell’uomo di 105 anni mentre si era fermato a parlare con noi.
Il riposo dei cammelli e dei cammellieri.
Il passato italiano in Eritrea emerge con forza in ogni angolo e soprattutto nella incredibile capitale Asmara.
Gli ultimi due giorni del viaggio li abbiamo trascorsi nella capitale. Asmara è un mix astruso di architetture italiane, stili di vita inglesi e popoli africani. All’apparenza poco significativa, dopo pochi passi ci siamo resi conto di quanto questa città sia importante e piena di significati nella storia.
La produzione di berberè, la spezia nazionale.
Donne davanti alla chiesa copta nel giorno del Natale copto.
Siamo capitati ad Asmara per il Natale Copto, il 7 Gennaio, e sia la sera prima che la mattina abbiamo assistito alle cerimonie religiose che invadevano la città e soprattutto i dintorni delle chiese. Le donne con i loro abiti colorati ed i veli rigorosamente bianchi si toglievano le scarpe e tra danze e canti celebrano la loro festa, così come gli uomini, che baciavano le mura della costruzione religiosa per rendere omaggio al gran giorno. La cosa “strana” ai nostri occhi è che tutta la città stava festeggiando. Tutti si facevano gli auguri: mussulmani, cattolici, protestanti e copti.
L’ingresso alla chiesa copta alla fine delle cerimonie.
Ancora preghiere davanti alla chiesa.
Abbiamo proseguito a piedi tra imponenti edifici costruiti dagli italiani in puro stile futurista: la Fiat Tagliero è una meraviglia architettonica che sta in piedi nonostante le lunghe braccia di cemento armato; il Cinema Impero è invece un cubo rosso al cui interno i bassorilievi rimandano al passato della colonia fascista. Il Teatro dell’Opera, costruito anch’esso dagli italiani, è ancora perfettamente conservato, con oggetti “vintage” ovunque: dal bar con la sua macchina Gaggia per il caffè, al mixer che sembra poter fare scintille da un momento all’altro. L’interno è ancora splendido, con i palchi profilati di un rosso vivo che danno forma al resto.
Fiat Tagliero: architetture futuriste.
L’interno del teatro dell’Opera.
Ma Asmara è soprattutto fatta dai suoi abitanti, la loro cultura e la loro storia. Non abbiamo incontrato altri turisti in questa città oltre al nostro gruppo. Eppure la gentilezza dei locali non ci ha fatto sentire alcuna mancanza. Per due volte, al cinema e al teatro, ci siamo trovati davanti agli ingressi chiusi. Eppure al bar poco distante si sono accorti del nostro dispiacere nel non poter entrare. Così si sono fatti in quattro per trovare il custode il quale, abbandonando il pranzo natalizio a metà, è venuto ad aprirci per mostrarci con grande orgoglio questi stabili.
Interno del Cinema Impero con i suoi bassorilievi.
Il Cinema Impero fotografato dalla Harnet Av.
Usciti dal teatro ci siamo diretti verso l’Albergo Italia, il più lussuoso di tutta l’Eritrea: 90€ a notte per la doppia (che a testa verrebbero 45€!!!): si, non ci sono molti poverissimi, ma la forbice è decisamente stretta… Perché fare una visita all’Albergo Italia? Per visitare soprattutto la collezione posseduta dal proprietario (che mette gentilmente a disposizione per i visitatori) di tutti i numeri del Corriere Eritreo dal 1890 al 1941, anno di conquista da parte degli inglesi: vi si possono leggere con calma gli articoli della propaganda e di una storia in parte per noi dimenticata… il tuffo nel passato continua!
Uno dei numeri del Corriere Eritreo conservati dal proprietario dell’Albergo Italia.
I bambini giocano con i carri armati dismessi vicini al loro villaggio.
Siamo poi andati a visitare il bowling: incredibile crogiuolo di colori e atmosfere anni ’50. Le pareti del Bowling mostrano fotografie sbiadite della colonia italiana in Eritrea accostate alle foto dei murales per l’indipendenza dall’Etiopia. Ci sono ancora i tabelloni dei tornei giocati dai coloni ed il bowling in sé è incredibile: il riposizionamento dei birilli viene fatto rigorosamente a mano dagli inservienti velocissimi e meticolosi, mentre altri avventori giocano a biliardo o si prendono un caffè come se tutto fosse normale, come se la storia non fosse mai passata da qui…
La pista del bowling.
Foto ritrovate all’interno della storica sala da Bowling.
Ed infine ci siamo gustati un ottimo gelato italiano artigianale e un caffè. Il caffè in Eritrea è un’istituzione: viene servito ovunque con un rituale che richiede tempo e pazienza. Vietato bere solo una tazzina e andare via: qui il caffè è una cosa seria che va presa mettendosi a sedere, magari sorseggiandolo insieme ad uno dei meravigliosi prodotti di pasticceria sfornati dagli storici bar della via principale.
L’importantissima cerimonia del caffè, al quale non si può mai dire di no (almeno per le prime 3 volte!).
Il bancone di uno dei tanti bar di Asmara: pochi tipi di alcolici diversi ma tanta voglia di sembrare normali.
Non potevamo trovare fine migliore del nostro viaggio se non sorseggiando un caffè in compagnia degli abitanti di Asmara, della loro gentilezza, della bellezza dei loro volti solcati da rughe piene di storia, di nostalgia per i tempi che furono e di cui ovunque si trovano ancora le tracce, di orgoglio per quanto difficilmente hanno conquistato l’indipendenza, di paura per ciò che è adesso e per ciò che sarà…
Uomini gentili per le strade di Asmara.
Donne alla fermata dell’autobus.
L’Eritrea ti resta nel cuore senza nemmeno che tu te ne accorga: ti lascia dentro tasselli di storia che completano un puzzle che nemmeno sapevi di possedere, ma che d’improvviso ti accorgi essere fondamentale per capire chi sei, da dove vieni e dove sei diretto. L’Eritrea è uno spazio conservato fuori dal tempo, fuori dall’immaginazione, ma completamente immerso in un mondo di storia e cultura dalle mille anime…
Brava Marta! Hai descritto perfettamente le emozioni che questo viaggio ci ha portato!
No so che dire… ho solo voglia di partire.
Grande Marta
Viaggio nel tempo, viaggio emozionale , sarà una delle mie prossime mete sicuramente !
Grazie per aver condiviso !